"Ho avvertito come un attacco al cuore ...
"Un calore che mi montava da qui ... e saliva sino al viso.
Sento che arriva la Morte!"
L'ansia, quando non è eccessiva, si risolve in una sorta di tensione psicofisica che implica l'attivazione generalizzata di risorse personali più o meno strutturate. Essa comporta un fastidioso disagio; nello stesso tempo questa dimensione funzionale non interferisce ma, al contrario, spesso potenzia le capacità del soggetto nel risolvere o comunque affrontare
- nuovi eventi esistenziali,
- sitazioni ambientali correlate allo stesso fenomeno ansioso.
Quando la reazione ansiosa è eccessiva, per intensità e/o durata, si perde in finalismo con conseguente e inevitabile caduta dei livelli nella prestazione e nella risoluzione dei problemi; l'ansia diviene patologica.
Nell'Attacco di Panico, a fronte della sua breve durata, l'intensità della reazione ansiosa è elevatissima e "paralizzante". Inoltre passato il pur breve momento acuto e svanito lo spettro incombente della Morte, la sofferta reazione ansiosa rappresenta il primo vivido ricordo per successive elaborazioni "cognitive" quali quelle del supposto riconoscimento di specifiche situazioni (interne o esterne al soma) come condizioni di potenziale minaccia all'integrità psicofisica della persona interessata. Dopo altri Attacchi di Panico, in tempi successivi, si sviluppa una mediazione del pensiero pensato che si interpone virtualmente tra l'insorgenza del Disturbo e la conseguente risposta psicofisica. Il soggetto colpito cerca uno schema
- da una parte per modulare future "risposte somatiche" meno devastanti,
- dall'altra per modificare aspetti comportamentali antecedenti o seguenti il nascere degli Attacchi di Panico stessi.
Se il Disturbo di Panico non viene curato e risolto il soggetto inizia una strategia psicologica, velleitaria in quanto eccessivamnete condizionata dall'aspetto patologico, per modificare i suoi assetti biologici e introspettivi.
