Dott. Mario M. Ghiozzi

La psiche aristotelica Appunti di uno psichiatra

La psiche aristotelica Appunti di uno psichiatra di Mario Ghiozzi

La psiche aristotelica. Appunti di uno psichiatra (Pacini Editore, Pisa 2004, 95 pp., 13,50 euro), dopo una introduzione di Ermanno Pavesi, avvia il lettore al mondo della Grecia antica, in particolare alla ben poco studiata “corporazione medica” degli Asclepiadi, discepoli della figura leggendaria di Asclepio, figlio di Apollo e della ninfa Coronide, che “dà inizio alla medicina clinica” (p. 17).

Tutt’altro che pratiche astruse o esoteriche: “Nei templi di Asclepio la terapia era basata sia sulla somministrazione di farmaci (oppio, estratto di elleboro, ecc.) sia su bagni caldi e freddi, ginnastica e spettacoli teatrali” (p. 17).
Un approccio non distante dalle concezioni contemporanee che mostrano peraltro i loro limiti in tante forme morbose non ultime quelle neoplastiche e virali: “Nell’antica Grecia i disturbi mentali, in particolare, furono concepiti in termini che appaiono comprensibili anche alla cultura medica moderna, superando spesso la credenza, caratteristica della maggior parte delle culture precedenti, che fossero dovuti all’intervento diretto di forze divine” (ibid.).

Negli anni, la “corporazione medica” degli Asclepiadi ebbe diversi esponenti, come il celebre Ippocrate di Kos, di cui oggi i medici recitano il famoso “giuramento”.
Tratto caratteristico della medicina ippocratica, ma più in generale, del lascito degli Asclepiadi, è l’osservazione: “delle manifestazioni e dell’evoluzione naturale della malattia nei singoli pazienti” che anticipava il metodo di Aristotele ed era strettamente collegato alla dimensione empirica delle esperienze sensibili e degli eventi osservabili” (p. 18).

È questa “l’aria” che respirò il giovane Aristotele, la cui famiglia discendeva direttamente da Asclepio ed “era quindi un componente della Corporazione degli Asclepiadi” (p. 21). Non sorprende, dunque, se il più originale dei discepoli di Platone, sviluppò la speculazione del maestro per dare la giusta importanza al sensibile al fine di capire ciò che sensibile non è.
Osservando il mondo immanente riusciamo a cogliere i tratti del trascendente, questa è una delle fondamentale lezioni di Aristotele.

Lo Stagirita dette chiare indicazioni anche nel campo della psicologia, col suo libro Perì Psuché (o De Anima).
In modo particolare su: “La concezione aristotelica dell’anima come “forma di un corpo” comporta l’attenta analisi dei due principali modelli con cui i filosofi pre-aristotelici avevano tentato di spiegare la psiche. Ossia il modello materialista, proprio degli atomisti, portato a vedere nell’anima una sorta di “materia sottile”, e quello orfico pitagorico, che concepiva l’anima come una sostanza a sé stante.
Con Aristotele l’anima pur non riducendosi a materia vive solo per un determinato corpo” (p. 33). Come non pensare ai riduzionismi della psichiatria contemporanea, divisa tra un determinismo biologista ed uno spiritualismo sociologico-fenomenologico disincarnato, tempio di una pseudo-spiritualità senza concretezza teologica?
L’autore sostiene che, se la psichiatria riprendesse in mano il lascito aristotelico, potrebbe superare molte false concezioni ereditate da impostazioni pseudo-filosofiche, tipiche della modernità. Ad esempio: “In sede psichiatrica la mancata distinzione tra sensazione e percezione ha portato a definire malamente l’allucinazione del soggetto adulto […]. Con termini aristotelici l’allucinazione si potrebbe definire, in modo più sintetico e preciso, come una percezione (immagine) abnorme tratta da una sensazione in atto in assenza di una contemporanea attività del sentito” (pp. 38-39).
Dopo un’approfondita descrizione della psiche aristotelica, il testo ripropone ampi brani tratti dal Perì Psuché, ed un agile dizionarietto come appendice.

Il testo del Ghiozzi si rivolge specialmente agli psichiatri, ma non solo, con la finalità di appassionare il lettore al lascito aristotelico: “Nella nuova prospettiva culturale del nuovo millennio, per noi, che pur non essendo filosofi traiamo insegnamento dalla Filosofia, la psiche di Aristotele ha dato vita ad un incomparabile capolavoro” (p. 14).